Un re venuto dal Nord

Le antiche avventure di un re vichingo giunto dalle lontane e fredde terre della Scandinavia per sconvolgere l’Europa, un’oscura profezia e strani esseri fantastici. Tutto raccolto in una saga che ha fatto storia. Una saga d’armi e d’amori che ha ispirato la serie televisiva “Vikings”.

La saga di Ragnarr

Titolo: Saga di Ragnarr

Casa editrice: Iperborea

Prima pubblicazione: 1993

“Strepiterebbero i porcellini, se sapessero quel che il verro patisce”

Le parole pronunciate da Ragnarr, non lasciano presagire nulla di buono; l’onda vichinga sta per abbattersi sull’Europa la cui storia prenderà, ora, una piega diversa…

Girando per una libreria, mi sono imbattuto (casualmente) in questo libro che ho subito acquistato: la copertina già colpisce l’occhio del lettore, se poi ci aggiungete il successo della serie televisiva, il piatto è servito. La saga vi porterà in un periodo storico lontano, nei freddi fiordi della Scandinavia e della Danimarca a bordo di un drakkar, la classica nave vichinga, in compagnia di un re leggendario: Ragnarr Brache di Cuoio. Sicuramente la prima cosa che vi verrà in mente sarà, appunto, la serie televisiva “Vikings”: anch’io me ne sono innamorato e ho cominciato a esplorare il mondo dei norreni acquistando vari libri che trattano la storia, gli usi e i costumi di questo popolo che sconvolse l’Europa per quasi tre secoli. La casa editrice Iperborea ha realizzato, grazie ad alcuni manoscritti conservati nella Biblioteca Reale di Copenaghen, questo volume che racchiude la vita di questo re vichingo e le imprese dei suoi figli. Naturalmente, come tutti i personaggi che hanno riempito le fantasie e i racconti dei vari popoli, anche la storia di Ragnarr è ammantata di leggenda e inesattezze storiche: non si sa se sia realmente esistito, la saga tratta solo in minima parte le sue vicende. La prima impressione è effettivamente che il libro si incentri maggiormente sulle avventure, le battaglie e le conquiste dei figli di questo re che sembra quasi volersi ritagliare a forza un suo spazio per non essere da meno alle imprese compiute dalla sua numerosa prole. Il testo non si presta a una facilissima lettura: la prosa è quasi aulica con moltissime strofe poetiche recitate dai vari personaggi che popolano la saga (i protagonisti provano piacere nel recitarle, quasi ad indicarne l’importanza). La prima parte del testo si apre con la singolare vicenda di una delle mogli di Ragnarr, Aslaug, figlia di un re che vede sterminata la sua famiglia ed è portata in salvo dal suo tutore e nascosta in una cetra con ingenti ricchezze.

Poi è la volta di Thòra il Cervo, (altra moglie del nostro protagonista) cui viene donato un serpente come regalo da parte del padre che cresce a dismisura fino a circondare la dimora della ragazza e a ridurre sul lastrico l’economia del villaggio e del regno governato dal padre, il quale si vede costretto a indire una gara dove promette che darà in sposa sua figlia a chiunque uccida quel rettile. Ragnarr decide di partecipare e, forete della propria scaltrezza, si fa preparare delle brache di cuoio che lo proteggono dal veleno e dai morsi del serpente e che gli permettono di salvare Thora. I due finiranno per sposarsi e avere due figli. Dopo qualche tempo Thora muore portando Ragnarr a intraprendere un altro viaggio, lontano dal suo regno. Ad una prima lettura, le avventure, il carattere e la sete di conoscenza di Ragnarr, ricordano molto le gesta di un altro eroe, molto più antico e famoso: Odisseo. I figli continueranno l’opera del padre, continuando ad esplorare e saccheggiare nuove terre; certo, le analogie con la serie televisiva, seppur minime, non mancano, non aspettate di vedere riprodotti esattamente gli episodi cui avete assistito sul piccolo schermo. Ne è un esempio la richiesta fatta ad Aslaug di presentarsi d’innanzi al protagonista, “né vestita né svestita, che non sia sazia né digiuna, che non sia sola ma nemmeno in compagnia di un uomo”. A qualcuno questo potrebbe mandare in fumo il cervello ma la donna sembra non battere ciglio ed esaudisce la richiesta. I figli che nasceranno da queste due menti portano le caratteristiche dei genitori: Ivarr il Senz’ossa, personaggio pacato e saggio che sarà il consigliere prediletto dei suoi fratelli (nello sceneggiato televisivo è tutt’altro che saggio e di carattere pacato, come è invece nel manoscritto) che invece sono in perenne ricerca di avventure e battaglie tali da dar loro una fama che superi quella del padre. Il libro non vi annoierà di certo.

È ricco di suspense, di incredibili avventure ai limiti dell’impossibile e del sovrannaturale; gli errori di carattere storico, inevitabile, sono presenti, come la fondazione di Londra che qui è attribuita ad Ivarr, mentre sappiamo che le sue origini sono romane. Le usanze e i riti che sono descritti sono anch’essi privi di fondamento o comunque le testimonianze storiche non permettono un parere univoco, come quella che riguarda la famigerata “Aquila di Sangue” (vi risparmio i crudi dettagli). Per finire, chiunque voglia conoscere anche solo una minima parte della storia vichinga, non ha che da leggere questo piccolo libro, per capire anche che non ci troviamo di fronte a un popolo rozzo, come spesso erroneamente ci è stato descritto, ma abbiamo di fronte uomini, che grazie alla loro intraprendenza hanno arricchito il nostro immaginario culturale, storico e letterario.

Buona lettura!   

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