Il cacciatore di draghi

L’antenato di Bilbo Baggins

Titolo: Il cacciatore di draghi

Autore: J. R. R. Tolkien

Casa editrice: Bompiani

Prima pubblicazione: 1949

Esiste un’opera poco conosciuta del famoso autore de Il signore degli anelli: l’ho scoperta casualmente girovagando in una libreria qualche anno fa e confesso di essere rimasto piacevolmente sorpreso e una volta tornato a casa ho letto il libro tutto d’un fiato. È un racconto diverso dagli altri, almeno da quelli più conosciuti: nell’introduzione il figlio primogenito di Tolkien racconta che la prima versione della storia fu narrata dal padre in occasione di un picnic che la famiglia fece nelle campagne inglesi quando, sorpresi da un temporale, dovettero trovare riparo sotto un ponticello di pietra. Lo spunto portò a una prima stesura del racconto in ventisei pagine che il filologo mise poi da parte per poi dedicarsi alla scrittura dello Hobbit, pubblicato nel settembre del 1937. Il successo, come sappiamo, fu enorme e questo spinse gli editori a  chiedere al professore di scrivere la continuazione di questo libro, cosa che avvenne con la trilogia dell’anello, sperando che potesse essere pronto già per il natale dello stesso anno. Ma le cose andarono diversamente: i tempi si allungarono a dismisura e il romanzo vide la luce solo tra il 1954 e il 1955. Per non lasciare tutto in aria Tolkien propose, in alternativa, la pubblicazione dell’avventura del fattore Giles, poiché era già pronto per la pubblicazione. Il racconto, come si legge da una lettera presente nell’introduzione del libro, fu ampliato di un buon 50% e quindi poté essere dato tranquillamente alle stampe. Ora occorre fare una premessa: il racconto che noi oggi leggiamo è diverso dalla prima stesura manoscritta che in origine era molto più breve, ma intuendone il potenziale, il professore di Oxford lo ampliò e lo rese adatto ad una lettura da parte di un pubblico più maturo. Fu pubblicato nel 1949.

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Una fiaba svedese

“Il ragazzo che fece a gara col gigante a chi mangiava di più”

Ben ritrovati cari lettori ribelli. In questo nuovo articolo vi proporrò una fiaba svedese che ho tratto dal libro “Fiabe Svedesi”, pubblicato dalla casa editrice Iperborea. Il mondo delle fiabe mi ha sempre affascinato, con le sue creature fantastiche e le sue foreste incantate piene di draghi, troll, orchi, elfi; il legame di questa tradizione fiabesca con la natura è importante e singolare: ci fa capire come essa ci viene in aiuto nei momenti di maggior pericolo e come può offrirci riparo e asilo nei momenti di sconforto (anche la mitologia greca è fortemente connessa alla natura). La Scandinavia è una terra affascinate, con le sue foreste di abeti e i fiordi e i laghi. Non stupisce quindi che la sua tradizione e il suo folklore se ne sia servita per condire con grande fantasia le sue storie; quella che riporterò ha come protagonista un ragazzo, un giovane pastorello che si ritroverà ad affrontare uno stupido gigante di caverna e che ci dimostra come la vera forza non risieda nei muscoli quanto nel cervello di ciascuno di noi; in effetti, la fiaba ricorda molto l’avventura capitata ad Ulisse quando si ritrova nella caverna del ciclope Polifemo e come avrete modo di vedere, il gigante si rivela un vero e proprio zuccone, quasi ci provi gusto a fare lo stupido, per la serie “ma c’è o ci fa”?…Buona lettura!

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